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Unioni civili: l’istituzionalizzazione delle coppie omosessuali

Il 17 maggio si è celebrata la Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia, istituita nel 2004 dall’Unione Europea allo scopo di “promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno” (www.urbanpost.it). Per l’Italia la ricorrenza è risultata particolarmente significativa, alla luce della recente approvazione in Parlamento di una Legge volta a garantire, per la prima volta, pari dignità alle coppie omosessuali: “l’annuale rapporto di Ilga (la più importante associazione lgbt europea), poco prima dell’approvazione della Legge in questione, collocava l’Italia al 39° posto su 45 nella classifica dei Paesi d’Europa più vivibili per le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender, anche perché non aveva ancora legalizzato le unioni gay” (www.corriere.it).

L’istituzionalizzazione delle coppie di fatto, negli ultimi mesi, è stata cosa molto controversa, in cui sono confluiti dibattiti politici, questioni morali e tensioni sociali. L’approvazione del DDL, avvenuta l’11 maggio scorso, ha segnato un passaggio epocale per il nostro Paese, in quanto consentirà alle coppie omosessuali ed eterosessuali che intenderanno farne richiesta, di ufficializzare il proprio legame di fronte alla Legge, assumendo diritti e doveri per certi versi assimilabili a quelli del matrimonio, seppur con alcune differenze. L’istituto giuridico dell’unione civile, infatti, prevede l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, nonché alla coabitazione: “entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni” (www.senato.it).

Tuttavia, diversamente dal matrimonio, l’unione civile non presuppone alcun vincolo di fedeltà per i coniugi e può essere sciolta di fronte all’Ufficiale di Stato Civile, con tempi decisamente abbreviati rispetto al divorzio. Altra sostanziale differenza, nonché elemento di accese discussioni, riguarda la cosiddetta stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio biologico o adottivo del partner. Tale diritto, di cui in Italia possono attualmente beneficiare le coppie eterosessuali che abbiano convissuto more uxorio per almeno tre anni e risultino regolarmente sposate al momento della richiesta di adozione, era stato inizialmente incluso all’Art. 5 del DDL ma, successivamente agli aspri conflitti generatisi all’interno della stessa maggioranza di Governo, e al conseguente stralcio dell’Articolo, si mantiene il rinvio alle norme vigenti, in materia di adozioni, per cui spetta “alla magistratura pronunciarsi, caso per caso, sul tema delle adozioni per le coppie gay” (www.forexinfo.it).

Nonostante i presunti limiti e le possibili incongruenze, la nuova legge segna una tappa fondamentale nel diritto italiano, assecondando le profonde trasformazioni verificatesi negli ultimi decenni all’interno del concetto di “coppia” e di “famiglia”, in seguito all’allargamento del concetto di unione, non più fondata unicamente sul matrimonio tradizionale. Secondo i dati Istat, dal 2008 al 2014, i matrimoni in Italia sono diminuiti di circa 57.000 unità (www.istat.it). Al contrario, le libere unioni (formazioni familiari che preludono o risultano del tutto alternative al matrimonio) stanno diventando una modalità molto diffusa di formazione della famiglia, tanto da superare il milione nel biennio 2013-2014 (www.corriere.it).

Per quanto concerne le coppie omosessuali, il dato risulta piuttosto incerto e plausibilmente sottostimato. Nel 2013 le coppie conviventi formate da persone dello stesso sesso, secondo le rilevazioni statistiche, sarebbero state 7.513, di cui 529 con figli. Un numero che l’Istat in primis considera irrealistico, a causa delle forti difficoltà, da parte delle coppie omosessuali, a dichiararsi tali. Significativi, a tal proposito, i dati pubblicato nel 2012 all’interno dell’indagine La popolazione omosessuale nella Società Italiana, da cui emergeva come la relazione affettiva e sessuale tra persone dello stesso sesso fosse ritenuta “poco o per niente accettabile” dal 32% della popolazione italiana di età compresa tra i 18 e i 34 anni, dal 35% della popolazione di età compresa tra i 45 e i 54 anni e dal 62% della popolazione ultrasessantacinquenne (www.istat.it).

Comprendendo le caratteristiche tipiche di ciascuna relazione intima, non si può prescindere dalla constatazione che l’esperienza delle coppie omosessuali, alla luce delle problematiche connesse allo specifico vissuto, talvolta doloroso, cui si accompagnano difficoltà a riconoscere o ad ammettere la propria identità sessuale, possano essere causa ed effetto anche della mancata accettazione, da parte di amici e familiari, della riprovazione verso l’attrazione sessuale e affettiva per una persona del medesimo sesso. Capita con una certa frequenza, infatti, che si inneschino degli atti discriminatori e, nei casi più estremi, delle vere e proprie manifestazioni di omofobia. “Forti difficoltà emergono per gli omosessuali/bisessuali in famiglia. Circa il 20% dei genitori sa che i loro figli vivono una tale condizione. Il dato è più alto per i fratelli (45,9%), i colleghi (55,7%) e soprattutto gli amici (77,4%). […] Gli omosessuali/bisessuali dichiarano di aver subito discriminazioni a scuola o all’università, più degli eterosessuali (24% contro 14,2%) e così anche nel lavoro (22,1% contro il 12,7%) (www.istat.it).

Le coppie omosessuali, esattamente come accade nei rapporti eterosessuali, attraversano periodi di crisi o momenti di conflittualità che, talvolta, possono innescare dinamiche violente all’interno della coppia. Tuttavia, il maggiore stress subito, a causa del costante confronto con pregiudizi, stereotipi e stigmatizzazioni, può rendere la vita di coppia ancor più difficile, amplificando le tensioni e inasprendo i conflitti. Sembra, a tal proposito, che le violenze consumate tra le mura domestiche, o comunque all’interno della coppia, risultino perfino più frequenti nelle unioni tra persone dello stesso sesso. Secondo uno studio condotto dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, la forte incidenza di questi episodi sarebbe dovuta ad una maggiore “fragilità” della coppia omosessuale e alle maggiori pressioni che le persone omosessuali subiscono all’interno della società:

“Secondo il dossier, una quota compresa tra ¼ e ¾ di gay, lesbiche e bisessuali è vittima di violenze domestiche […]. Un fenomeno in crescita negli ultimi anni, a quanto rivelano le statistiche, anche perché […] da parte delle coppie omosessuali c’è ancora una certa resistenza ad ammettere pubblicamente o denunciare tali episodi” (www.lastampa.it). Nella definizione di “violenza domestica” rientrano una serie di comportamenti violenti e coercitivi, che non si traducono esclusivamente in azioni fisicamente lesive, ma possono implicare maltrattamenti sessuali, psicologici, forme di intimidazioni e controllo che, ovviamente, in quanto tali, prescindono dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Per contrastare il dilagare di questo fenomeno, dunque, risulta fondamentale rafforzare l’autostima personale e implementare la capacità di gestione, da parte delle coppie omosessuali, delle difficoltà quotidiane, spesso correlate agli atteggiamenti di stigmatizzazione subiti.

Come procedere

Se senti di avere necessità di una Consulenza in ambito Individuale, piuttosto che di Coppia o Familiare, puoi fissare un appuntamento contattando i numeri 06 92599639 o 388 8242645, o puoi scrivere all’indirizzo e-mail info@massimocanu.it

In caso di impossibilità a poter raggiungere lo Studio, in Roma, potrai fare altrettanta richiesta per una prestazione On-Line, avvalendoti della piattaforma web appositamente realizzata. E’ intuitiva, rapida e sicura.

A conclusione di tale fase consulenziale, sia in Presenza che On-Line, sarà definito quanto emerso nel corso del lavoro e, eventualmente, saranno focalizzati gli obiettivi per l’avvio di una Psicoterapia, la quale potrà essere Individuale, di Coppia o Familiare.

Chiedere aiuto è un segno di forza e, soddisfare i tuoi bisogni psicologici, equivale a compiere il più importante atto d’amore che possa fare verso la tua persona, ancor prima che per coloro che condividono la loro vita con te.