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Giocare con i figli in vacanza

“Il parco giochi con animazione, la sabbiera, l’altalena, lo scivolo, la piscinetta, garantiranno divertimento per tuo figlio”.

Questi slogan, sempre più spesso, catturano l’attenzione del genitore quando si approccia a scegliere il posto dove trascorrere le vacanze insieme ai propri figli.

I figli, in estate, rischiano di diventare “figli che non si conoscono”. Spesso, infatti, i genitori sanno le abitudini scolastiche antimeridiane e pomeridiane dei loro figli, sotto il profilo alimentare, degli adempimenti scolastici e rispetto alle attività sportive; di rado, però, conoscono quelle legate al gioco.

È sempre più frequente che i genitori, alla domanda “cosa fa con suo figlio?”, rispondano elencando una serie di luoghi e/o contesti in cui accompagnano il loro bambino; ciò, però, non è “fare qualcosa con l’altro”, bensì “fare per l’altro”. Accompagnarlo in piscina, ad esempio, è un’importantissima forma di attenzione che si riserva al proprio figlio, significa fare qualcosa per il suo sano sviluppo fisico, ma è differente, naturalmente, dal nuotare insieme a lui.

Essere genitore è sempre molto difficile ma, ultimamente, sembra esserlo diventato maggiormente nei periodi di vacanza. Periodi in cui, da una parte, legittimamente, l’adulto sente di avere sempre più bisogno di relax, per poter recuperare le energie impiegate nell’affanno della vita quotidiana, dall’altra, il figlio desidera conquistare del tempo di gioco con l’adulto, così da poter condividere con il genitore ciò che gli piace e lo diverte. È proprio nei contesti di vacanza che, frequentemente, dunque, il genitore scopre di non conoscere molti aspetti del proprio figlio.

Il momento del gioco non strutturato, in vacanza, viene trascurato da parte dell’adulto, il quale tende a volere organizzare la giornata del proprio figlio con attività ludiche strutturate; queste, però, lasciano poco spazio all’immaginazione, in quanto, ciò che si offre al proprio figlio, null’altro è che frutto di una scelta compiuta da un adulto per un bambino.

Secondo numerosi Psicoanalisti dell’Età Evolutiva, tra cui Donald Winnicott, il gioco, per il bambino, rappresenta il principale strumento per imparare a conoscere il mondo e rapportarsi ad esso. Le modalità attraverso le quali un bambino si propone nel gioco sono legate al suo sviluppo emotivo e cambiano rispetto alla sua crescita. È per tale motivo che le modalità di gioco rispecchiano l’equilibrio psichico della Persona. Per aiutare e sostenere il proprio figlio per una crescita sana, è fondamentale che i genitori, insieme al piccolo, condividano delle esperienze di gioco poiché mediante quest’ultimo si creano e si sviluppano le conoscenze e le relazioni. Il gioco, nell’ambito della psicoterapia dell’età evolutiva, è anche “strumento” terapeutico.

Il concetto di dimensione creativa del gioco è ben espresso da alcuni autorevoli autori della psicologia infantile, come M.Klein, la quale considera il gioco come “un luogo in cui il bambino esprime le sue fantasie, i suoi desideri e anche le sue esperienze reali in modo simbolico” (La psicoanalisi dei bambini, 1932).

Attraverso il gioco, dunque, il bambino inizia a relazionarsi con il proprio mondo fantastico, ma anche con coloro che stanno “attorno” a lui.

L.S.Vygotskj, in “Il ruolo del gioco nello sviluppo”, scrive: “Mentre riguardo la dimensione della conoscenza, il gioco contiene tutte le tendenze evolutive in forma condensata ed è esso stesso una fonte principale di sviluppo”. Il gioco, dunque, ha anche un’importante funzione di apprendimento, pertanto si pone come esperienza fondamentale per lo sviluppo del bambino. Ci sono prove, a livello scientifico, della funzione del gioco per lo sviluppo cognitivo del bambino, ma anche come strumento per aiutarlo a esplorare le proprie emozioni, accettare ed elaborare esperienze negative a cui, questi, non riescono ad attribuire un significato (www.corriere.it).

Rispetto alla dimensione relazionale, “Nel gioco libero, al bambino, in base alla propria maturazione di movimento, viene assicurata la possibilità di soddisfare i propri bisogni relazionali e di comunicazione” (“Il nido”, M.T. Bellucci, 2013; centroitalianoperlapsiche.it).

Considerando le varie dimensioni del gioco sopra citate, possiamo concludere che il gioco aiuta a crescere (www.salute.gov.it), in quanto rappresenta una necessità che, se soddisfatta in tempi e in modi adeguati, riveste una funzione utile per una sana costruzione della personalità del bambino, dunque dell’adulto che sarà.

Per poter giocare, proprio in ragione dell’ottima valenza nell’ambito della cura e della psicoterapia, in alcuni ospedali, come anche il Bambino Gesù di Roma, si allestiscono appositi spazi per i piccoli pazienti (www.bambinogesù.it).

Per sostenere i genitori nel loro ruolo e comprendere meglio i comportamenti del proprio figlio, è importante promuovere interventi volti a un’educazione al gioco con il figlio, così da poterlo supportare al meglio verso uno sviluppo sano. Attraverso l’attività ludica, per l’appunto, il bambino fornisce informazioni preziose non solo sulle sue capacità di apprendimento, ma anche su eventuali paure o angosce, le quali vengono drammatizzate con il gioco. Mediante il setting terapeutico, aiutare a ricreare l’intimità di gioco tra adulto e bambino significa ridare valore alla loro relazione e porre delle condizioni preventive perché tali modalità sane possano essere riproposte dal bambino nel corso della propria vita.

Come procedere

Se senti di avere necessità di una Consulenza in ambito Individuale, piuttosto che di Coppia o Familiare, puoi fissare un appuntamento contattando i numeri 06 92599639 o 388 8242645, o puoi scrivere all’indirizzo e-mail info@massimocanu.it

In caso di impossibilità a poter raggiungere lo Studio, in Roma, potrai fare altrettanta richiesta per una prestazione On-Line, avvalendoti della piattaforma web appositamente realizzata. E’ intuitiva, rapida e sicura.

A conclusione di tale fase consulenziale, sia in Presenza che On-Line, sarà definito quanto emerso nel corso del lavoro e, eventualmente, saranno focalizzati gli obiettivi per l’avvio di una Psicoterapia, la quale potrà essere Individuale, di Coppia o Familiare.

Chiedere aiuto è un segno di forza e, soddisfare i tuoi bisogni psicologici, equivale a compiere il più importante atto d’amore che possa fare verso la tua persona, ancor prima che per coloro che condividono la loro vita con te.